Comunicazione ibrida
24 Novembre 2021
L’arrivo della pandemia ad inizio 2020 ha fatto segnare, inevitabilmente, un periodo di stallo della crescita di tutte le attività legate al mondo culturale: cinema, teatri, musei, festival hanno registrato un meno 70% delle loro attività, un meno 73% di ingressi e un meno 78% della spesa al botteghino.
L’attività concertistica è quella che più ne ha risentito, in valori assoluti, con una perdita dell’83% degli spettatori ed un crollo della spesa al botteghino pari all’89%. Le capienze ridotte della breve riapertura nell’estate 2020 non hanno consentito l’allestimento di eventi dei grandi artisti nazionali ed internazionali.
Pesante anche la ricaduta sul teatro, colpito sia nel pieno della stagione invernale 2019-2020 con la brusca interruzione avvenuta a partire dalla seconda metà di febbraio, sia ad avvio della stagione 2020-2021 con il secondo lockdown.
Questi eventi hanno inevitabilmente segnato l’insorgere di ulteriori problemi di organizzazione per le istituzioni culturali: la chiusura degli edifici, e la relativa assenza del turismo internazionale e nazionale, non ha permesso di ricevere introiti dal sistema di bigliettazione. Numerosi sono stati i problemi anche di carattere organizzativo, perché è sorta la necessità di adattarsi alle nuove disposizioni statali in termini di rispetto della contingenza e, soprattutto, ad un nuovo tipo di fruizione culturale mai verificatosi prima per la natura intrinseca delle forme d’arte performativa: l’assenza del pubblico.
Facciamo un passo indietro, cercando di spiegare in poche righe la natura che, enti culturali come il Teatro hanno in relazione alla definizione di “bene relazionale”.
La differenza tra la maggior parte delle forme d’arte e il Teatro viene alla luce in un aspetto elementare: il teatro nasce come relazione non riproducibile tra individui.
Le qualità costitutive dell’esperienza teatrale, corporeità e compresenza di alterità, portano alla luce alcuni tratti essenziali di questo bene, e lo rendono interessante ai fini di un’analisi economica che consideri quest’arte come bene relazionale. Secondo questo approccio, il bene teatro si configura come fenomeno culturale che non può essere concepito come semplice “servizio pubblico”, ma piuttosto come risorsa desiderabile, bene nel senso etico del termine, qualcosa di buono per la civiltà. Visto come bene relazionale il teatro è un’esperienza che porta ricchezza al tessuto umano e a quello sociale con un’influenza sempre più nota sulla felicità delle persone, sulla qualità della vita, sulla crescita globale, che non dimentichi l’importanza del benessere dei singoli per realizzare il benessere dell’intera società.
Inoltre, è noto che il rito teatrale, connaturato alla dimensione collettiva dell’uomo, è definito dalla compresenza simultanea di individui che agiscono (gli attori) di fronte a individui che osservano (gli spettatori), ed esiste unicamente nella relazione che si instaura tra di essi in uno spazio fisico deputato a questa interazione.
In un momento in cui la componente partecipativa è venuta a mancare per cause di forza maggiore dettate dalle stringenti misure sanitarie, la maggior parte degli organizzatori si è adoperata al fine di rispondere in tempi strettissimi sulle modalità alternative da adottare per creare nuove forme di partecipazione sfruttando il potenziale dei canali digitali.
È possibile quindi definire teatro una performance che si svolge in “assenza” delle parti partecipative?
Non volendo contraddire quanto affermato circa le caratteristiche che definiscono il teatro quale bene relazionale, è il caso di richiamare il principio di simultaneità che definisce un bene relazionale dobbiamo prendere atto che per il godimento del bene teatrale diventano fondamentali il livello di partecipazione proprio di chi agisce e di chi riceve, l’identità dei partecipanti, nonché la qualità dell’ambiente.
Il canale digitale ha un grande pregio: avvicina al teatro il pubblico decentrato perché fa sì che il pubblico possa essere ovunque, così come permette agli attori di agire da qualsiasi luogo.
In questo periodo di lockdown si è infatti assistito ad un progressivo ricorrere a soluzioni di offerta culturale rivolte ad un pubblico connesso: dirette streaming, eventi via zoom, spettacoli teatrali in real time su piattaforme social di video sharing, tutti strumenti che hanno permesso agli organizzatori di comunicare ad abbonati o spettatori occasionali, attraverso un computer o uno smart TV, la propria offerta culturale.
Il fenomeno cui si è assistito per alcune realtà è stato quello della materializzazione del potenziale pubblico di massa opposto al tradizionale pubblico di nicchia: sono state coinvolte persone che in uno spettacolo dal vivo avrebbero potuto non partecipare perché magari fisicamente lontane dal luogo della rappresentazione.
La scommessa più grande a valle del periodo di chiusura, sarà quella di integrare l’offerta tradizionale con l’offerta digitale e sviluppare strategie di comunicazione ibride: con spettacoli che possano raggiungere contemporaneamente un pubblico presente e un pubblico connesso. Strategia in grado di “elaborare per la cultura un piano di tipo industriale, prestando attenzione ai cambiamenti in atto, per coglierne tutte le opportunità” come suggerisce il Direttore Generale della Siae, Blandini.
Ad oggi il mondo dello spettacolo, da sempre conservativo e tradizionale, ha utilizzato il digitale come trascrizione dell’analogico. Ne è un esempio calzante il “libretto” con la programmazione degli spettacoli che viene dato ad inizio stagione all’abbonato. Spesso viene tradotto il suo stato da analogico a digitale per essere immesso in rete senza rispettare le logiche della comunicazione online che prevede interazione, possibilità di approfondimenti su altre piattaforme, partecipazione immediata e diretta.
Il teatro ha 26 secoli di storia e non sarà questa Pandemia ad interrompere l’esperienza culturale che si svolge in quel luogo come rito collettivo, ma in quanto bene relazionale, le organizzazioni teatrali devono rivolgersi anche ad un pubblico nuovo e diverso dal tradizionale, adottando canali nuovi che possono portare risultati inaspettati.